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CGUE, SERVIZI DI COMUNICAZIONE ELETTRONICA E TUTELA DEI CONSUMATORI

Ok alla sorveglianza dei servizi forniti da società di altri Stati membri.

 Gli Stati membri, attraverso le autorità nazionali, possono verificare che le società (con sede legale in uno Stato membro diverso) che forniscono sul loro territorio servizi di comunicazione elettronica rispettino le norme in materia di tutela dei consumatori.

Lo ha chiarito la Corte di Giustizia europea, con sentenza resa nella causa C-475/12, con riguardo al caso di una società di servizi di diffusione radiofonica e audiovisiva lussemburghese che forniva i propri servizi, tra gli altri Stati, anche in Ungheria. A seguito di denunce da parte degli abbonati, le autorità ungheresi avviavano un procedimento di vigilanza nei confronti della società lussemburghese che, tuttavia, si rifiutava di fornire informazioni, non ritenendo le stesse autorità competenti. Le autorità ungheresi, in risposta, infliggevano una multa alla società, che a sua volta avviava un’azione legale per contestarla e per chiedere se il diritto dell’Unione europea autorizzasse o meno un’”ingerenza” di questo tipo da parte delle autorità ungheresi.

La Corte, in proposito, ha rilevato come la “Direttiva autorizzazioni” (2002/20/CE), relativa appunto alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica, consenta agli Stati membri sul cui territorio risiedano i destinatari di tali servizi a subordinare la fornitura di questi ultimi a determinate condizioni specifiche del settore delle comunicazioni elettroniche. Pertanto, le autorità nazionali possono chiedere alle imprese – come fatto dall’Ungheria nei confronti della società del Lussemburgo – tutte le informazioni necessarie per verificare il rispetto delle condizioni relative alla tutela dei consumatori, e, di conseguenza, avviare appositi procedimenti di vigilanza.

D’altra parte, ha specificato la Corte, gli Stati membri non possono imporre ai fornitori di servizi con sede legale in altro Stato la creazione di una succursale o filiale sul proprio territorio: un obbligo del genere sarebbe evidentemente in contrasto al principio comunitario della libera prestazione di servizi.

 

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