Cerca
Close this search box.
  • Home
  • Pratiche commerciali scorrette e clausole vessatorie

Pratiche commerciali scorrette e clausole vessatorie

Consulenza ed assistenza per i consumatori in Europa

Una pratica commerciale è definita scorretta quando è “contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori “ ( art. 20 Codice del Consumo).

Pratiche che contengono informazioni non corrette o non veritiere sulle caratteristiche del prodotto/servizio che possono indurre il consumatore a prendere decisioni che in altre circostanze non avrebbe preso.

Una pratica commerciale è inoltre ingannevole se omette informazioni rilevanti (di cui il consumatore ha bisogno per prendere una decisione oppure occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui il consumatore ha bisogno per prendere una decisione.

Sono considerate in ogni caso ingannevoli le pratiche commerciali descritte dall’art. 23 del Codice del Consumo tra cui:

  • l’affermazione non corrispondente al vero, da parte di un professionista, di essere firmatario di un codice di condotta;
  • esibire un marchio di fiducia, di qualità o un marchio equivalente senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione;
  • invitare all’acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza rivelare l’esistenza di ragionevoli motivi.

Azioni che possono indurre il consumatore, mediante molestie o altre forme indebite di condizionamento, a prendere decisioni che altrimenti non avrebbe preso.

 Sono considerate in ogni caso aggressive le pratiche commerciali descritte dall’art. 26 del Codice del Consumo, tra cui:

  • creare l’impressione che il consumatore non possa lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto;
  • effettuare visite presso l’abitazione del consumatore, ignorando gli inviti del consumatore a lasciare la sua residenza o a non ritornarvi;
  • effettuare ripetute e non richieste sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza.

Le clausole vessatorie sono quelle che prevedono, in favore di chi le ha predisposte e sottoposte alla controparte per la sottoscrizione, limitazioni di responsabilità e/o facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, mentre, dal lato di chi le sottoscrive, impongono termini di decadenza, limiti alla facoltà di opporre eccezioni o restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi.

Nel caso in cui ci si riferisca ad un contratto stipulato tra professionista e consumatore, avente ad oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi, si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

A titolo di esempio, sono vessatorie le clausole che prevedono a carico del cliente inadempiente o in ritardo nell’adempimento l’applicazione di penali eccessivamente gravose; ovvero le clausole che fissino un foro competente per eventuali controversie in un luogo diverso da quello di residenza o domicilio del consumatore stesso; o che consentano al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto; ovvero di aumentare il prezzo del bene o del servizio senza prevedere che il consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto.

           

La lista “grigia” e la lista “nera”

Il Codice del Consumo, all’art. 33, contiene la c.d. lista grigia delle clausole che si presumono vessatorie fino a prova contraria, che deve essere fornita dal professionista, il quale deve dimostrare che la clausola non comporta un significativo squilibrio contrario alla buona fede oggettiva, oppure che la clausola è stata oggetto di trattativa individuale.

Di seguito, a titolo di esempio, si elencano alcune clausole appartenenti alla c.d. lista grigia, che si presumono vessatorie salvo prova contraria, e che hanno per oggetto o effetto di:

  1. escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista;
  2. escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
  3. consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest’ultimo non conclude il contratto o ne recede, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest’ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere;

La c.d. lista nera è invece contenuta nell’art. 36 del Codice, il quale sancisce che sono comunque sempre nulle le clausole che, seppur oggetto di trattativa o di sottoscrizione, abbiano per oggetto o effetto di:

  1. escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista;
  2. escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
  3. prevedere l’adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.

La nullità opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice.

In linea generale, la vessatorietà di una clausola è valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione nonché alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende.

In caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l’interpretazione più favorevole al consumatore.

Le clausole considerate vessatorie sono nulle, mentre il contratto rimane efficace per il resto.

 

Il problema della sicurezza dei prodotti commerciati all’interno dell’Unione Europea, risulta inscindibilmente collegato alle previsioni, nazionali e comunitarie, in tema di responsabilità del produttore per i danni cagionati da prodotto difettoso. Anche tale materia risulta regolata da una pluralità di disposizioni legislative le quali, integrandosi vicendevolmente, vengono a costituire un “corpo unico”, avente come finalità quella di consentire una “tutela preventiva” del consumatore, al fine di prevenire eventuali danni dovuti dalla messa in commercio di prodotti “insicuri”. Tra i più importanti testi normativi in materia, citiamo la direttiva 2001/95/CE sulla sicurezza generale dei prodotti ed il decreto n. 172 del 21 maggio 2004, che hanno come scopo di tutelare i Consumatori imponendo a produttori e distributori un generale obbligo di immettere sul mercato e di permettere la libera pratica esclusivamente di prodotti sicuri, rendendo più efficace ed incisivo il sistema interno di controllo, nel rispetto delle competenze regionali, e prevedendo sanzioni di effettiva efficacia dissuasiva.

News

Lettere per reclamo

ECC-Net ti mette a disposizione la modulistica da scaricare e compilare  per difendere i tuoi diritti di consumatore

  • Home
  • Pratiche commerciali scorrette e clausole vessatorie

Pratiche commerciali scorrette e clausole vessatorie

Consulenza ed assistenza per i consumatori in Europa

Il problema della sicurezza dei prodotti commerciati all’interno dell’Unione Europea, risulta inscindibilmente collegato alle previsioni, nazionali e comunitarie, in tema di responsabilità del produttore per i danni cagionati da prodotto difettoso. Anche tale materia risulta regolata da una pluralità di disposizioni legislative le quali, integrandosi vicendevolmente, vengono a costituire un “corpo unico”, avente come finalità quella di consentire una “tutela preventiva” del consumatore, al fine di prevenire eventuali danni dovuti dalla messa in commercio di prodotti “insicuri”. Tra i più importanti testi normativi in materia, citiamo la direttiva 2001/95/CE sulla sicurezza generale dei prodotti ed il decreto n. 172 del 21 maggio 2004, che hanno come scopo di tutelare i Consumatori imponendo a produttori e distributori un generale obbligo di immettere sul mercato e di permettere la libera pratica esclusivamente di prodotti sicuri, rendendo più efficace ed incisivo il sistema interno di controllo, nel rispetto delle competenze regionali, e prevedendo sanzioni di effettiva efficacia dissuasiva.

Una pratica commerciale è definita scorretta quando è “contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori “ ( art. 20 Codice del Consumo).

Pratiche che contengono informazioni non corrette o non veritiere sulle caratteristiche del prodotto/servizio che possono indurre il consumatore a prendere decisioni che in altre circostanze non avrebbe preso.

Una pratica commerciale è inoltre ingannevole se omette informazioni rilevanti (di cui il consumatore ha bisogno per prendere una decisione oppure occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui il consumatore ha bisogno per prendere una decisione.

Sono considerate in ogni caso ingannevoli le pratiche commerciali descritte dall’art. 23 del Codice del Consumo tra cui:

  • l’affermazione non corrispondente al vero, da parte di un professionista, di essere firmatario di un codice di condotta;
  • esibire un marchio di fiducia, di qualità o un marchio equivalente senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione;
  • invitare all’acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza rivelare l’esistenza di ragionevoli motivi.

Azioni che possono indurre il consumatore, mediante molestie o altre forme indebite di condizionamento, a prendere decisioni che altrimenti non avrebbe preso.

 Sono considerate in ogni caso aggressive le pratiche commerciali descritte dall’art. 26 del Codice del Consumo, tra cui:

  • creare l’impressione che il consumatore non possa lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto;
  • effettuare visite presso l’abitazione del consumatore, ignorando gli inviti del consumatore a lasciare la sua residenza o a non ritornarvi;
  • effettuare ripetute e non richieste sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza.

Le clausole vessatorie sono quelle che prevedono, in favore di chi le ha predisposte e sottoposte alla controparte per la sottoscrizione, limitazioni di responsabilità e/o facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, mentre, dal lato di chi le sottoscrive, impongono termini di decadenza, limiti alla facoltà di opporre eccezioni o restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi.

Nel caso in cui ci si riferisca ad un contratto stipulato tra professionista e consumatore, avente ad oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi, si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

A titolo di esempio, sono vessatorie le clausole che prevedono a carico del cliente inadempiente o in ritardo nell’adempimento l’applicazione di penali eccessivamente gravose; ovvero le clausole che fissino un foro competente per eventuali controversie in un luogo diverso da quello di residenza o domicilio del consumatore stesso; o che consentano al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto; ovvero di aumentare il prezzo del bene o del servizio senza prevedere che il consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto.

           

La lista “grigia” e la lista “nera”

Il Codice del Consumo, all’art. 33, contiene la c.d. lista grigia delle clausole che si presumono vessatorie fino a prova contraria, che deve essere fornita dal professionista, il quale deve dimostrare che la clausola non comporta un significativo squilibrio contrario alla buona fede oggettiva, oppure che la clausola è stata oggetto di trattativa individuale.

Di seguito, a titolo di esempio, si elencano alcune clausole appartenenti alla c.d. lista grigia, che si presumono vessatorie salvo prova contraria, e che hanno per oggetto o effetto di:

  1. escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista;
  2. escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
  3. consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest’ultimo non conclude il contratto o ne recede, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest’ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere;

La c.d. lista nera è invece contenuta nell’art. 36 del Codice, il quale sancisce che sono comunque sempre nulle le clausole che, seppur oggetto di trattativa o di sottoscrizione, abbiano per oggetto o effetto di:

  1. escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista;
  2. escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
  3. prevedere l’adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.

La nullità opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice.

In linea generale, la vessatorietà di una clausola è valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione nonché alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende.

In caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l’interpretazione più favorevole al consumatore.

Le clausole considerate vessatorie sono nulle, mentre il contratto rimane efficace per il resto.

 

My Agile Privacy
Per offrirti la migliore esperienza di navigazione e per scopi statistici, ECC-Net Italia utilizza tecnologie come i cookie. Cliccando su "Accetta" acconsenti all'utilizzo di tutti i cookie.
In alternativa, puoi cliccare su "Personalizza" per scegliere quali cookie accettare. Puoi modificare o revocare il tuo consenso in qualsiasi momento cliccando in fondo pagina su "Gestisci il consenso".