La Corte chiarisce le norme relative alla tutela dei consumatori in materia di vendita e di garanzie dei beni al consumo
“Si presume che i difetti di conformità, che si manifestano entro sei mesi dalla consegna del bene, esistessero al momento della consegna”
La regola secondo cui si presume che il difetto di conformità esistesse al momento della consegna del bene
– si applica quando il consumatore fornisce la prova che il bene venduto non è conforme al contratto e che il difetto di conformità in questione si è manifestato, ossia si è palesato concretamente, entro il termine di sei mesi dalla consegna del bene. Il consumatore non è tenuto a dimostrare la causa di tale difetto di conformità né a provare che la sua origine è imputabile al venditore;
– può essere disapplicata solo se il venditore prova in maniera giuridicamente sufficiente che la causa o l’origine del difetto di conformità risiede in una circostanza sopravvenuta dopo la consegna del bene.
E’ quanto dichiara la prima sezione della Corte di Giustizia Europea interpellata dal Gerechtshof (Corte d’appello) di Arnhem-Leeuwarden (Paesi Bassi) chiamata a decidere, in sede di appello, sulla domanda di risarcimento per il danno cagionato dal difetto di conformità dell’autoveicolo acquistato dalla sig.ra Faber presso l’autorimessa l’Autobedrijf Hazet Ochten BV.
Il Fatto
Nel maggio 2008 la sig.ra Froukje Faber aveva acquistato presso un’autorimessa un’automobile usata che si incendiava e rimaneva completamente distrutta dopo appena quattro mesi dall’acquisto. Il veicolo veniva portato presso l’autorimessa e successivamente demolito. Nel 2009 ( a quasi un anno dall’acquisto) la sig.ra Faber costituiva in mora l’autorimessa venditrice ritenendola responsabile per i danni subiti adducendo la non conformità del veicolo al contratto. Tuttavia la signora Faber non aveva potuto far eseguire una perizia sulle cause dell’incendio del veicolo in quanto, nel frattempo, quest’ultimo era stato demolito. Emergeva, inoltre, dagli atti del procedimento che il difetto era stato denunciato al venditore tardivamente e che la signora Faber non aveva palesato la sua qualità di consumatore pur reclamandone la relativa tutela. Per tali ragioni la sig. Faber si vedeva respinta l’istanza in primo grado ma persisteva nell’affermare le proprie ragioni ricorrendo in appello.
Ricorrendone i presupposti, il giudice del rinvio dei Paesi Bassi, richiedeva una pronuncia pregiudiziale su una serie di questioni relative alla direttiva 1999/44/CE (sulla vendita e sulla garanzia dei beni di consumo), atte ad accertare, in sostanza:
1) se il diritto dell’Unione imponga al giudice nazionale, investito di una controversia relativa alla garanzia che il venditore deve all’acquirente nel contesto di un contratto di vendita vertente su un bene mobile materiale, sia tenuto ad esaminare d’ufficio se l’acquirente debba essere considerato alla stregua di un consumatore ai sensi della direttiva 1999/44, sebbene tale parte non si sia avvalsa di detta qualità.
2)se sia dovere del consumatore di informare il venditore circa la mancanza di conformità dei beni consegnati e fornire la prova riguardante tale mancanza di conformità . In altre parole, il giudice nazionale chiedeva alla Corte se sia sufficiente che il consumatore‑acquirente dichiari e, in caso di contestazione motivata, dimostri che il bene acquistato non funziona (correttamente) o se egli debba anche dichiarare e, in caso di contestazione motivata, dimostrare quale difetto del bene ne causi (ne abbia causato) il mancato (corretto) funzionamento.
Le considerazioni della Corte
Sulla prima questione la Corte dichiara che il giudice nazionale è tenuto ad esaminare d’ufficio se la sig.ra Faber vada considerata come un consumatore ai sensi della direttiva 1999/44, sebbene ella non abbia espressamente rivendicato questa qualità. Precisa, infatti, la Corte che così come il giudice nazionale, nel contesto delle modalità processuali del suo ordinamento giuridico interno, è chiamato, onde individuare la norma di diritto nazionale applicabile, a procedere alla qualificazione degli elementi di diritto o di fatto sottopostigli dalle parti, eventualmente invitando queste ultime a fornire qualsiasi precisazione utile, esso è altrettanto tenuto, in forza del principio di equivalenza, a procedere alla stessa operazione per determinare se una norma di diritto dell’Unione sia applicabile.
In merito alla seconda questione la Corte sostiene che dall’applicazione del combinato disposto dell’articolo 2, paragrafo 2 della direttiva, che sancisce una presunzione iuris tantum di conformità al contratto e dell’ l’articolo 3, paragrafo 1, con cui si stabilisce che il venditore risponde di qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene si evince che, in linea di principio, è compito del consumatore produrre la prova che esiste un difetto di conformità e che quest’ultimo esisteva alla data di consegna del bene. L’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva 1999/44 istituisce,tuttavia, una norma che deroga a tale principio per il caso in cui il difetto di conformità si sia manifestato entro sei mesi dalla consegna del bene. In tale ipotesi, infatti, si presume che il difetto esistesse al momento della consegna.
Questo alleggerimento dell’onere della prova a favore del consumatore è fondato sulla constatazione che, qualora il difetto di conformità emerga solo successivamente alla data di consegna del bene, fornire la prova che tale difetto esisteva già a tale data può rivelarsi «un ostacolo insormontabile per il consumatore», mentre di solito è molto più facile per il professionista dimostrare che il difetto di conformità non era presente al momento della consegna e che esso risulta, per esempio, da un cattivo uso del bene fatto dal consumatore.
In merito alla denuncia del difetto di conformità la Corte ricorda che la direttiva 1999/44 consente agli Stati membri di prevedere che il consumatore, per fruire dei suoi diritti, debba denunciare al venditore il difetto di conformità entro il termine di due mesi dalla data in cui lo ha constatato. Secondo i lavori preparatori della direttiva, tale possibilità mira a soddisfare l’esigenza di rafforzare la certezza del diritto, incoraggiando l’acquirente ad adoperare una «certa diligenza, tenendo conto degli interessi del venditore», «senza istituire un obbligo rigoroso di effettuare un’ispezione meticolosa del bene». La Corte spiega che l’onere gravante sul consumatore è limitato all’obbligo di denunciare al venditore l’esistenza di un difetto di conformità. In questa fase il consumatore non è tenuto a produrre la prova che effettivamente un difetto di conformità colpisce il bene, né ad indicare la causa precisa di detto difetto di conformità.
Relativamente alla ripartizione dell’onere della prova la Corte spiega che qualora il difetto di conformità si sia manifestato entro sei mesi dalla consegna del bene il consumatore deve far valere e fornire la prova che il bene venduto non è conforme al corrispondente contratto in quanto, ad esempio, non presenta le qualità convenute in quest’ultimo o, ancora, è inidoneo all’uso che ci si attende abitualmente per questo genere di bene. Il consumatore è tenuto a dimostrare solamente l’esistenza del difetto. Egli non è tenuto a provarne la causa né a dimostrare che la sua origine è imputabile al venditore. In secondo luogo, il consumatore deve provare che il difetto di conformità si è manifestato, ossia si è palesato concretamente, entro il termine di sei mesi dalla consegna del bene. Una volta dimostrati tali fatti, il consumatore è dispensato dall’obbligo di provare che il difetto di conformità esisteva alla data della consegna del bene. Il manifestarsi di tale difetto, nel breve periodo di sei mesi, consente di supporre che, per quanto si sia rivelato solo successivamente alla consegna del bene, esso era già presente, «allo stato embrionale», nel bene al momento della consegna. Grava allora sul professionista l’obbligo di produrre, se del caso, la prova che il difetto di conformità non era presente al momento della consegna del bene, dimostrando che tale difetto trova la propria origine o la sua causa in un atto o in un’omissione successiva a tale consegna.