Avviata a maggio 2015 per individuare eventuali problemi di concorrenza sui mercati europei del commercio elettronico, la Commissione europea ha pubblicato i risultati dell’indagine sul commercio elettronico, confermando che si tratta indubbiamente di un settore in crescita. L’indagine ha raccolto i dati di circa 1.800 imprese che effettuano il commercio elettronico di beni di consumo e di contenuti digitali e ha esaminato circa 8.000 contratti di distribuzione.
Nella vendita dei beni di consumo online, è emerso che i produttori hanno adottato una serie di pratiche per controllare meglio la distribuzione dei loro prodotti e il posizionamento dei loro marchi ricorrendo a sistemi di distribuzione selettiva in modo che i prodotti siano venduti solo da rivenditori autorizzati preselezionati, ai quali applicano restrizioni, o da loro stessi direttamente ai consumatori.
Le restrizioni contrattuali possono, in determinate circostanze, ostacolare gli acquisti transfrontalieri e gli acquisti online, impedendo ai consumatori di usufruire di una scelta più ampia e di prezzi più bassi.
Nella vendita dei contenuti digitali, la Commissione ha rilevato che oltre il 60% degli accordi di licenza presentati da titolari di diritti è limitato al territorio di un unico Stato membro, c.d. geoblocking. Anche in questo caso si limita la concorrenza, violando le norme antitrust dell’UE.