L’esponenziale crescita dell’utilizzo tanto di beni reali, spesso tecnologici, quanto dei servizi digitali di cui primi sono supporto, ha richiesto all’UE un’implementazione delle garanzie a tutela dei consumatori.
In particolare, la direttiva (UE) 771/2019 concernente “determinati aspetti dei contratti di vendita di beni” e direttiva(UE)770/2019 riguardante “determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale e di servizi digitali” del Parlamento europeo e del Consiglio, integrandosi a vicenda senza però sovrapporsi, offrono un completo ventaglio normativo che potenzia e migliora le tutele a favore del consumatore.
Dal 1° gennaio 2022 sono infatti accresciute le tutele per gli acquisti di beni “non conformi” ossia di quei beni che si rivelano difettosi oppure diversi dall’originaria descrizione, specie per modalità tecniche di funzionamento non immediatamente apprezzabili al momento dell’acquisto.
La normativa europea è stata recepita in Italia con il decreto legislativo 170/2021 che ha trasposto la normativa comunitaria nel Codice del Consumo.
Come noto, la garanzia legale su di un bene ha validità biennale e se un prodotto si rileva difettoso nei primi 6 mesi, si presume che il vizio sia già presente al momento d’acquisto. Ed il consumatore può esercitare il proprio onere nella finestra temporale di 2 mesi dalla scoperta del vizio.
Tale impostazione rimane in vigore a tutt’oggi per gli acquisti effettuati fino al 31 dicembre scorso. Ma con il nuovo anno l’onere dei due mesi scompare e viene esteso ad un anno il periodo di inversione dell’onere della prova: spetta dunque al venditore dar prova della conformità del prodotto nel caso in cui il consumatore denunci un difetto.
Inoltre, la nuova normativa elenca una serie di requisiti che i beni devono avere per considerarsi conformi al contratto, specificati come soggettivi e oggettivi, connotandosi i primi come requisiti ancillari rispetto alla sua funzionalità (ad esempio la presenza del libretto delle istruzioni nella confezione di vendita).
Trattandosi di direttive europee oltre ad estendersi a tutti i paesi aderenti al mercato comune – condizione che ci protegge nei nostri acquisti d’oltralpe – consente ai paesi comunitari di effettuare delle specificazioni ulteriori purché rafforzative della tutela. È ad esempio il caso del Portogallo e della Spagna che hanno esteso il periodo della garanzia a tre anni per i beni di nuova fabbricazione, mentre la protezione legale per i beni usati non può essere inferiore ai 18 mesi, ma il venditore, con libertà d’azione riconosciuta dalla norma stessa, la può estendere ad un periodo maggiore. Potrebbe essere per esempio il caso di vetture usate vendute da un concessionario.
Ancor più avanzata è la protezione che il Portogallo ha esteso sui beni ricondizionati pari a quella riservata ai beni nuovi: garanzia di tre anni. Una simile impostazione è particolarmente lungimirante, specie per quella economia, perché oltre a tutelare significativamente i consumatori locali, invoglia acquisti stranieri e responsabilizza i produttori portoghesi che acquisiscono fama di affidabilità. Peraltro, i processi di ricondizionamento sostengono e sospingono il generale processo dell’economia circolare poiché i beni durevoli in disuso o abbandonati vengono riparati e modificati tornando a nuova vita – garantiti tre anni come visto – con prezzi decisamente convenienti. Fenomeno che in tempi di crisi e di inflazione come quelli presenti sostiene le lavorazioni europee/nazionali e tutela le tasche dei consumatori tutti.
Di converso in Francia sono stati introdotti meccanismi che facilitano il consumatore nel momento in cui esercita i rimedi previsti per il ripristino della conformità dei beni difettosi: così se il venditore sostituisce il bene difettoso, il periodo di garanzia ripartirà da capo, mentre se questi offre la sostituzione ma non adempie 30 giorni, il consumatore potrà risolvere il contratto.
Le regole applicate ai nuovi contratti, continueranno a convivere con la disciplina previgente (ante 31 dicembre 2021) e il Centro Europeo Consumatori Italia continuerà ad informare i consumatori chiamati a districarsi fra vecchie e nuove disposizioni, come ad assisterli se i loro diritti non fossero riconosciuti.
Al riguardo si ricorda che la presente direttiva non si applica ai contratti di fornitura di un contenuto digitale o di un servizio digitale. Si applica tuttavia ai contenuti digitali o ai servizi digitali incorporati o interconnessi con beni, che sono forniti con il bene ai sensi del contratto di vendita, indipendentemente dal fatto che detti contenuti digitali o servizi digitali siano forniti dal venditore o da altri. È ad esempio il caso di un software a pagamento, nel primo caso, e di un programma operativo di un telefonino nel secondo caso.
Per la fornitura di contenuti digitali o servizi digitali si segue la direttiva UE 770/2019 che si inserisce nella Strategia per il mercato unico digitale in Europa. La direttiva, recepita attraverso il decreto legislativo 173/2021, si applica a qualsiasi contratto in cui l’operatore economico fornisce un contenuto o un servizio digitale al consumatore che effettua un pagamento, o s’impegna a farlo.
Per beni digitali s’intendono i “dati prodotti e forniti in formato digitale” mentre per servizi digitali quelli che “consentono al consumatore di creare, trasformare, archiviare dati o accedervi in formato digitale” oppure quelli che “consentono la condivisione di dati in formato digitale caricati o creati dal consumatore o da altri utenti di tale servizio o qualsiasi altra interazione di dati”.
La nuova normativa non si applica ai beni con elementi digitali, come visto, ai servizi di comunicazione, ad eccezione di quelli di comunicazione interpersonale indipendenti dal numero, ai servizi sanitari, ai servizi di gioco d’azzardo, ai servizi finanziari, ai software offerti dal fornitore sulla base di una licenza libera e aperta, ai contenuti digitali che siano parti di uno spettacolo o di un evento (come le proiezioni cinematografiche digitali) e ai contenuti digitali forniti dagli enti pubblici.
Da notare che tale disciplina normativa si applica altresì nel caso in cui il consumatore non corrisponde un prezzo ma fornisce o si impegna a fornire dati personali all’operatore economico, fatto salvo il caso in cui i tali dati siano trattati esclusivamente dall’operatore economico ai fini della fornitura del contenuto digitale o del servizio digitale per consentire l’assolvimento degli obblighi di legge.
L’operatore economico è responsabile per la mancata fornitura e per la non esatta corrispondenza del bene e servizio rispetto alla conformità dichiarata al momento della compravendita. In caso di emersione di difformità – specificatamente dettagliata in ogni suo punto nella norma in esame – scatta la garanzia a tutela del consumatore che può richiedere, alternativamente il ripristino delle condizioni ovvero la risoluzione del contratto, con restituzione di quanto già pagato.
Né viene dimenticata, processo indispensabile per questo tipo di prodotti, la fase degli aggiornamenti, anch’essa disciplinata caso per caso.
In tale contesto, si ricorda che se il consumatore non provvede ad installare i dovuti aggiornamenti entro un termine ragionevole, nonostante le informazioni in merito ricevute, il fornitore del contenuto o servizio non può essere ritenuto responsabile per i difetti di conformità che si manifestano a causa del mancato aggiornamento.
Ulteriori informazioni sulle novità normative sono disponibili nei leaflet del Centro Europeo Consumatori Italia: