Era il settembre 2018 e l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con il provvedimento PS11039, sanzionava, con 10 milioni di euro, il gigante della tecnologia Apple per obsolescenza programmata, pratica commerciale scorretta consistente generalmente nell’indurre i consumatori ad effettuare il download di aggiornamenti sui propri dispositivi, senza informare adeguatamente delle conseguenze che tali aggiornamenti generano in termini di riduzione della funzionalità dei prodotti stessi, provocando così una rapida riduzione del loro “ciclo di vita”.
Le consistenti sanzioni comminate dall’Antitrust non sono state accolte con rassegnazione dall’azienda di Cupertino, che ha prontamente presentato ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sollevando contro l’Autorità diverse contestazioni, tra cui la carenza di adeguate prove tecniche e di motivazione, eccesso di potere e persino errori di logica e travisamento dei fatti e della normativa a tutela del consumatore; insomma, una corposa impugnativa che tuttavia non è bastata a convincere il Tar, che ha invece confermato le sanzioni riconoscendo, per la prima volta nel nostro Paese, l’obsolescenza programmata come pratica commerciale scorretta e aggressiva perpetrata a danno dei consumatori.
Nello specifico, le pratiche oggetto del provvedimento, integravano due distinte condotte:
- la proposta insistente, ai consumatori in possesso di iPhone 6/6plus/6s/6splus, di procedere ad installare il sistema operativo iOS 10 e i successivi aggiornamenti (tra cui iOS 10.2.1) le cui caratteristiche e impatto sulle prestazioni degli smartphone stessi sono state descritte in maniera omissiva ed ingannevole, senza offrire (se non in misura limitata o tardiva) alcun mezzo di ripristino dell’originaria funzionalità degli apparecchi in caso di sperimentata diminuzione delle prestazioni a seguito dell’aggiornamento.
- La mancata informazione sulle caratteristiche della batteria e specificamente in merito alle condizioni per mantenere un adeguato livello di prestazioni degli iPhone, alla sua durata e alle modalità per la sua corretta gestione al fine di rallentarne la naturale usura e, quindi, in merito alla sostituzione della medesima batteria.
Il Tar, dopo aver ribadito la definizione di pratica commerciale scorretta quale comportamento tenuto da un professionista, correlato alla promozione, vendita o fornitura di beni o servizi a consumatori, e posto in essere anteriormente, contestualmente o anche posteriormente all’instaurazione dei rapporti contrattuali, contrario alla diligenza professionale e falso o idoneo a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio, ha confermato la contrarietà della condotta di Apple agli articoli 21, 22, 24 e 25 del Codice del Consumo. In particolare, “Apple ha costruito un sofisticato sistema, tecnologico e di marketing, che, attraverso informazioni omissive e pratiche aggressive lungamente descritte nel provvedimento, condiziona fortemente il consumatore nelle proprie scelte, sotto diversi profili”.
Un primo profilo consisterebbe in una sorta di fidelizzazione forzata dell’utente, concretizzantesi nel fatto che tutti i device Apple necessitano del sistema operativo iOS, di proprietà della stessa Apple; l’impossibilità che tali dispositivi si interfaccino con altri utilizzabili con sistemi operativi diversi, di fatto induce il possessore di un dispositivo Apple ad acquistare altri dispositivi elettronici della medesima marca, allo scopo di consentire agli stessi di “dialogare” tra loro.
Il secondo profilo riguarda invece la periodica e insistente proposizione di aggiornamenti software che, una volta scaricati, riducono la funzionalità degli iPhone più datati, senza che il possessore ne sia pienamente consapevole; tale circostanza indurrebbe infatti lo stesso ad acquistare un modello di ultima generazione e a disfarsi di quello precedente.
Il terzo profilo, infine, concerne le componenti dei dispositivi, quali la batteria, che a seguito di pesanti aggiornamenti, subiscono una notevole perdita di funzionalità e che per ogni operazione ed intervento, richiedono l’assistenza di un centro specializzato non consentendo al consumatore, come accade per dispositivi di altri brand, un intervento autonomo. A ciò si aggiungono inoltre le difficoltà riscontrate nell’ottenere la sostituzione in garanzia di altri componenti, difficoltà che, anch’esse, spesso inducono il consumatore ad acquistare direttamente il modello più recente.